Come ormai abbastanza noto, esistono diverse affinità fra la Divina Commedia di Dante Alighieri e la letteratura del Libro della Scala (Kitāb al-Mi'rāj), un insieme di testi islamici medievali di cui per comodità parleremo come di un testo unico. Fu infatti uno di questi testi, anonimi ma riportanti sostanzialmente la stessa storia di autore incerto, ad essere tradotto dall'arabo in latino, castigliano e provenzale, alla corte di Alfonso X di Castiglia. Ciò avvenne nella seconda metà del XIII secolo, qualche decennio prima che Dante cominciasse a vergare la sua Divina Commedia, ed è certo che queste traduzioni presero a girare presso gli intellettuali dell'allora Cristianità. Tutto questo è però rimasto sottotraccia, finché all'inizio del '900 diversi studiosi non hanno cominciato a rilevare e divulgare le somiglianze fra i due testi, ipotizzando che Dante avesse attinto direttamente da una delle suddette traduzioni.
Al giorno d'oggi esistono due scuole di pensiero: quella che continua a negare il collegamento, sempre più minoritaria, e quella che lo afferma. A sua volta in questa corrente c'è chi parla di un'ispirazione, chi di una sorta di plagio, chi di una sorta di tributo esoterico. Questa diatriba è destinata a durare ancora, e si lascia la discussione ai tanti che se ne stanno occupando*. Qua ci limiteremo ad elencare alcune delle più evidenti similitudini e differenze fra i due testi, lasciando al lettore decidere quale sia il rapporto più plausibile fra di essi.
Similitudini.
La catabasi. Entrambi i testi narrano di un viaggio nell'Aldilà con il protagonista che descrive in prima persona la sua esperienza: nel Libro della Scala è Maometto, nella Divina Commedia è Dante.
La guida. In entrambi i testi il protagonista ha un compagno che fa da Cicerone principale, ovvero l'arcangelo Gabriele nel Libro della Scala e Virgilio nella Divina Commedia. Entrambi illustrano al protagonista il funzionamento dell'Aldilà. Entrambi a un certo punto devono abbandonare il compagno, cosicché nel Libro della Scala Maometto viene assistito da Michele mentre Dante da Beatrice e infine dalla Madonna.
L'Aldilà su tre livelli. In entrambi i testi ci sono due esiti principali, beatitudine eterna o eterna condanna, con però la possibilità di una redenzione in extremis. Se nella Divina Commedia il Purgatorio è dato come elemento strutturale, benché sostanzialmente inedito, nel Libro della Scala è creato da Dio grazie all'intervento di Maometto che chiede e ottiene che un certo numero di anime sia continuamente perdonato.
Il contrappasso. La legge divina secondo la quale le punizioni dei dannati sono proporzionali e ispirate ai loro peccati, è presente in entrambi i testi. Ancor prima, è chiaramente (seppur simbolicamente) presente nel Corano, ma non nella Bibbia.
La scala. Nel Kitāb al-Mi'rāj la scala è il principale mezzo con cui Maometto ascende al Cielo, nella Divina Commedia compare come elemento strutturale in vari punti, dall'Inferno al Paradiso. In entrambi i testi può essere intesa come rappresentazione dell'ascesa mistica.
Il trasporto. In entrambi i testi il protagonista è per certi tratti trasportato da figure sovrannaturali, notabilmente il Burāq nel Libro della Scala e Caronte nella Divina Commedia.
Gli incontri con figure importanti. Entrambi i testi presentano incontri e dialoghi nell'Aldilà con figure religiose e storiche; nel Libro della Scala Maometto incontra profeti e patriarchi, e nella Divina Commedia Dante incontra, oltre a profeti e patriarchi, anche personaggi della mitologia classica e dalla storia medievale.
La porta dell'Inferno. Nel Libro della Scala c'è una porta che fa da entrata per l'Inferno e vi è incisa la shahādah, testimonianza di fede islamica. Ciò simboleggia che tutto, compreso l'Inferno, rientra nel piano divino. Dopo esservi passato attraverso, Maometto incontra un angelo che fa da tesoriere ovvero guardiano dell'Inferno. Nella Divina Commedia Dante incontra Pluto, dio della ricchezza nella mitologia classica che fa da guardiano del quarto cerchio dell'Inferno, e questi pronuncia la famosa frase: Pape Satàn, pape Satàn aleppe. La derivazione è incerta ma una delle più plausibili è dall'arabo Bāb al-Shaytān, che vuol dire "porta del diavolo", mentre non vi è consenso su come interpretare aleppe: una delle possibilità è che stia per la lettera ebraica alef, ovvero per quella araba 'alif, oppure che sia da ricondursi all'imperativo labba, fermarsi, sempre in arabo.
La figura femminile. Nella Divina Commedia la figura di Beatrice assume progressivamente delle caratteristiche celestiali, e ugualmente nel Libro della Scala a Maometto viene mostrata la sovrannaturale figura femminile di una urì. In entrambi i casi sono figure connesse al divino.
La visione di Dio. Entrambi i protagonisti si dichiarano impossibilitati a descrivere ciò che vedono una volta arrivati al cospetto di Dio. Se però nella Divina Commedia Dante aggiunge successivamente delle descrizioni simboliche, nel Libro della Scala Maometto si ferma alla constatazione dell'impossibilità. In entrambi i testi c'è però lo stesso elemento coreografico che, pur non essendo esso stesso Dio, caratterizza la visione: un nugolo di angeli che ruotano vorticosamente.
L'uso di simbolismi. In generale, entrambi i testi fanno largo uso di un linguaggio allegorico per rappresentare concetti religiosi e filosofici.
Differenze.
Il Libro della Scala è in prosa, la Divina Commedia in versi.
La Divina commedia è notevolmente più estesa del Libro della Scala.
Il Libro della Scala è stato scritto in arabo classico, lingua comune nell'islam medievale a tutti gli ambiti del sapere, mentre la Divina Commedia è vergata in volgare italiano, una lingua che a livello letterario stava appena esordendo e che per questo si distacca sia dalla letteratura precedente, tanto sacra quanto profana, sia da quella coeva di pertinenza puramente sacrale e prescientifica.
Il tono del Libro della Scala rimane sempre sacrale, formale, mentre quello della Divina Commedia mischia sacro e profano, quando non diventa addirittura triviale.
Il viaggio inizia nel Libro della Scala con Maometto che viene chiamato da Gabriele quando si trova in un'abitazione, mentre nella Divina Commedia con Dante che si trova disperso in una foresta. Tuttavia in entrambi i casi si suggerisce che il viaggio è anche da intendersi come onirico.
Nel Libro della Scala Maometto viene primariamente trasportato dal Burāq, mentre nella Divina Commedia Dante incontra successivamente dei trasportatori.
Nel Libro della Scala (come prima ancora nel Corano) sono gli angeli ad amministrare le beatitudini e ad impartire le punizioni, mentre di queste ultime nella Divina Commedia si occupano i demoni. Nel Libro della Scala, tuttavia, gli angeli che si occupano delle punizioni hanno caratteristiche che potremmo definire demoniache.
Nella Divina Commedia Dante rimane sostanzialmente uno spettatore, mentre nel Libro della Scala Maometto è parte attiva del racconto: grazie alle sue richieste a Dio si stabilisce la possibile redenzione post mortem (ovvero il Purgatorio) e si riduce il numero di preghiere giornaliere, che passa da cinquanta a cinque.
Nel Libro della Scala la figura femminile celestiale (la urì) è conseguenza e non causa della visione divina, mentre nella Divina Commedia la Beatrice idealizzata e la Madonna giocano il ruolo di tramite necessario. Va però notato che quando Maometto viene invitato da Gabriele, e quando torna, ovvero nel mentre del viaggio onirico, si trova a casa della prima donna con cui si sarebbe voluto sposare, la quale fu data in sposa ad un altro uomo a causa della povertà di entrambi. Il suo racconto inizia con queste parole: "Ero a casa di Fakhitah...". Curiosamente, le biografie di Dante ci dicono che neanch'egli si poté mai sposare con Beatrice.
Nel Libro della Scala Maometto incontra Gesù, e vi interagisce come fa con gli altri profeti, mentre nella Divina Commedia ciò non avviene con Dante. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe non conoscendo l'opera, né la figura né il nome di Gesù sono presenti, se non, secondo gli studiosi, in maniera simbolica.
Nella Divina Commedia il racconto è tutto in prima persona e si chiude al culmine del viaggio. Nel Libro della Scala c'è una brevissima introduzione, un ritorno alla condizione iniziale e un epilogo in terza persona con Maometto che il giorno dopo prende a raccontare la sua esperienza notturna.
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Come note finali aggiungo delle considerazioni. Nel Medioevo non esisteva il concetto di plagio, e un possibile rapporto diretto fra i due testi non toglierebbe niente, come taluni temono, alla grandezza della Divina Commedia, ma anzi la mostrerebbe sotto una luce nuova e volendo più intensa. Piuttosto, al tempo esistevano i concetti di eresia e apostasia, accuse per le quali si rischiava la vita. Oltre a questo, un qualunque testo con un simile marchio avrebbe potuto circolare ancor meno di altri che, come il Libro della Scala o i trattati di Averroè ed Avicenna, erano comunque considerati d'importazione. È quindi perfettamente logico che, di qualunque rapporto si possa trattare, questo sarebbe dovuto essere coperto sotto ’l velame de li versi strani. Parimenti, è comprensibile che permangano reticenze ad accettare l'eventuale cambio di un paradigma che dura da secoli. Ma ciò non deve impedire che ora questo avvenga, perché i tempi sono maturi per trovare nella Divina Commedia dei significati che possono parlare al passato quanto al presente. E perché gli strumenti per farlo si possono ritrovare proprio nel mezzo del cammino. Certo, a meno che non si sia così concentrati sul presente da non aver interesse a salire a le stelle.
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* Fra i tanti studi segnalo: Dante e l'Islam. La controversia sulle fonti escatologiche musulmane della Divina Commedia, V. Pucciarelli (2012, Irfan); Il libro della Scala di Maometto, A. Longoni (2019, BUR); Dal Corano alla Divina Commedia. Un mistero ancora irrisolto nella storia della letteratura, O.A. Bologna, H. Haidar (2021, Diarkos); Così il Profeta scalò i cieli. Dalle rielaborazioni arabe e persiane del mi‘rag di Muhammad al Libro della Scala e la Commedia di Dante, C. Saccone (2022, Ist. per l'Oriente C.A. Nallino).
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Opera calligrafica di Eyas Alshayeb conservata presso il Centro di cultura italiana Dante Alighieri ad Amman (Giordania). |