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lunedì 15 settembre 2025

Il Corano e il tema extraterrestri [VI] - MALĀ'IKA E JINN: FORME DI VITA SENZIENTE NON-UMANA

Tutto quanto visto, dalle misteriose circostanze della rivelazione coranica alla realtà cosmica che presenta, ha a che fare con i malā’ika, gli angeli. Con un maggiore utilizzo, rispetto all’esegesi tradizionale, del plurale semplice come soggetto, sono loro a risultare gli operatori in molti passi. Non le emanazioni eteree, e allo stesso tempo antropomorfiche, che si sono imposte nell’immaginario di tutte le tradizioni abramitiche, bensì forme di esistenza tanto sovrannaturali quanto concrete. Chi sarebbero dunque gli informatori di Maometto, secondo il Corano? Come sarebbero fatti?

A differenza della Bibbia e della Sunna (l’insieme delle raccolte postume di "detti" su Maometto e compagni), il Corano è estremamente attento a non spostare, fornendo troppi dettagli immaginifici su questi esseri, l’attenzione su di loro. L’unico elemento sull’apparenza fisica è contenuto nel primo versetto della sura 35:

La lode appartiene a Dio, Colui che ha dato origine ai cieli e alla Terra, e che ha fatto degli angeli dei messaggeri con due, tre o quattro ali. Egli aggiunge alla creazione quello che vuole. In verità Dio è onnipotente”.

Probabilmente le ali sono solo un elemento logico per giustificare la loro capacità di muoversi nel cielo. Inoltre, non si dice come sarebbero fatte. Un’altra resa possibile di questo versetto, meno comune, è che Dio “ha fatto degli angeli dei messaggeri con le ali, che vanno in gruppi di due, tre o quattro”. In entrambi i casi tutto ciò sembra dirci apparentemente poco, oltre al fatto che possono volare, ma quel poco va annotato: gli angeli sono di diversi tipi, e non solo quelli citati a titolo evidentemente rappresentativo, perché l’affermazione si chiude con la dichiarazione perentoria che Dio crea ciò che vuole. Quindi indefinite altre forme. La loro creazione, poi, è presentata come connaturata a quella del cosmo, come se ne fossero sempre stati, o ne fossero diventati, un elemento costituente.

Oltre a questo c’è molto altro da rilevare in modo indiretto da altri passaggi. Per esempio estraendolo dalle vicende, in comune con la letteratura enochica e in parte anche con la Bibbia, dei cosiddetti angeli caduti. Nel Corano non sono chiamati Vigilanti, come nel Libro di Enoch, ma jinn, e il loro capo, a tutti gli effetti il Lucifero coranico, Iblīs. Nei versetti 7:11-13 troviamo un riassunto, sempre da considerarsi come simbolico, del perché questa precedente schiera di angeli errò e fu sostituita da un’altra:

In verità Noi vi abbiamo creati e plasmati [o uomini] poi dicemmo agli angeli: «Prosternatevi davanti ad Adamo». Si prosternarono [quasi tutti] ma non Iblīs, che non fu tra coloro che obbedirono. [Dio] disse: «Cosa mai ti impedisce di prosternarti nonostante il mio ordine?». Rispose [Iblīs]: «Sono migliore di lui, mi hai creato dal fuoco, mentre lui lo creasti dal fango». «Vattene! - gli disse allora Dio - Qui non puoi essere orgoglioso. Via! Sarai tra i rinnegati»”.

Questo è uno dei casi in cui il soggetto plurale si può intendere, al pari delle esegesi tradizionali, come maiestatico (indicato con la maiuscola) perché gli angeli figurano come comparse. Iblīs e gli altri jinn, si dice, sono fatti a partire dal fuoco, non dall’acqua (in questo caso impastata - sempre simbolicamente ma non troppo - con la terra) come tutti gli esseri viventi. Quando avvenne la ribellione, però, erano ancora angeli, perché è a loro che viene rivolta l’ingiunzione. Quindi anche se non lo si dice esplicitamente – e per questo la Tradizione sulla questione è sfuggente - la natura è la stessa: cambia solo l’essere o meno in carica.

Facciamo una prima considerazione: se tutti gli esseri viventi abitanti in altri pianeti sono dichiarati come provenienti dall’acqua, e dunque organici come quelli terrestri, gli angeli, in carica o meno, non lo sono. Aggiungendo ora dei passi dove si dice che i jinn (e quindi, sempre senza mai dirlo esplicitamente, anche i malā’ika) sono fatti a partire dal “fuoco di un vento bruciante” (15:27) e dalla “fiamma di un fuoco che non produce fumo” (55:15), possiamo arrivare ad un’ulteriore considerazione: oggi vari macchinari vengono forgiati e rifiniti da raggi laser, con fasci di luce si caricano le batterie di ultima generazione, e i computer fotonici sono già realtà. Pensare che si tratti proprio di questo, ovvero di tecnologie a noi conosciute, sarebbe errato, perché queste sarebbero in grado di fare cose che per noi non sono neanche lontanamente immaginabili. Il suggerimento da raccogliere sugli angeli è però che il Corano potrebbe alludere, in un linguaggio comprensibile agli uomini del tempo di Maometto, a degli automi o ad esseri biorobotici, comunque artificiali. Detto grossolanamente, a delle "macchine".

Ovviamente tutto ciò non collima affatto con le dottrine classiche islamiche, che da una parte parlano degli angeli come esseri di luce, spirituali, come sempre fondendo e confondendo le tradizioni (che giocano sulla vicinanza fra la parola nār, fuoco, e nūr, luce) col Corano (dove da nessuna parte si dice di che sostanza siano fatti gli angeli e che questa sia diversa da quella dei jinn). Dall’altra, li si rappresenta materialmente come degli uomini con delle ali di pennuto. E questo in barba alla mancanza di dati coranici e all’aniconismo, ovvero il divieto di rappresentare ciò che ha a che fare col Divino. Qui, come altrove, è chiara l’influenza che l’immaginario cristiano, giudaico e zoroastriano, ha esercitato sull’islam, verosimilmente – in questo caso specifico - più attraverso i rapporti tardi che attraverso il retaggio dei primi convertiti.

Secondo il Corano, gli angeli sono quindi degli esseri provenienti dallo spazio, di natura non organica, che hanno passato a Maometto informazioni riservate, affinché le divulgasse. Perché l’hanno fatto? Prima di tutto perché, stando al versetto 17:95, loro non avrebbero potuto farlo direttamente:

Se sulla Terra ci fossero angeli che la percorrono in pace, avremmo fatto scendere dal cielo un angelo come messaggero”.

Non è quindi loro intenzione, o compito, popolare la Terra. Aggiungendo il versetto 53:26 si potrebbe intendere che il loro posto è, in generale, nello spazio, e il loro compito intercedere, mettere in collegamento, connettere:

Quanti angeli nei cieli! La loro intercessione non sarà di alcuna utilità fino a quando Dio non avrà dato il permesso a chi vuole e approva”.

Per fare questo, non possono scendere sulla Terra se non, come visto, per portare dei messaggi che però dovranno essere gli abitanti del pianeta a recepire e diffondere. È la dinamica della profezia, ed è lo stesso che sarebbe successo con tutte le precedenti rivelazioni ritenute autentiche, sebbene alterate, a cominciare da quelle bibliche di cui il Corano presuppone l’esistenza e la conoscenza.

Alcuni versetti ci dicono che, oltre al compito principale, gli angeli stanno comunque in osservazione, pronti a fare altro, oltre a trasmettere messaggi. Riportiamo un passo, il 72:8-10, dove viene data voce ai jinn, gli angeli degradati ed esiliati sulla Terra, che ci fa capire dove stanno di norma gli angeli:

Abbiamo sfiorato il cielo, e lo abbiamo trovato pieno di temibili guardiani e bolidi fiammeggianti. Ci ponevamo [un tempo] in sedi appropriate, per ascoltare. Ma ora chi vuole spiare trova un bolide fiammeggiante in agguato. Noi [jinn] non sappiamo se sia stato decretato un male per coloro che stanno sulla Terra, o se il loro Signore li voglia guidare [al bene]”.

Sono quindi decisioni che riguarderebbero sia l’Umanità che gli stessi jinn, come se questi fossero ormai considerati terrestri. Da tutt’altra parte, nei versetti 8-10 della sura 37, si aggiunge:

Non potranno più spiare l'Assemblea Suprema, saranno accerchiati da ogni lato, messi in fuga e sottoposti a una caccia senza tregua. Qualcuno potrebbe riuscire a carpire [qualcosa] ma lo inseguirà un bolide fiammeggiante”.

Questa assemblea di angeli (al-Malā’ al-Aʿlā) starebbe quindi in orbita, o comunque a distanza nello spazio. Cosa potrebbe decidere di fare, oltre a perseguire il compito proprio degli angeli di portare il messaggio del dio unico universale? Sono numerosi i versetti in cui si parla di calamità che si abbattono su chi non segue le indicazioni, tali da resettare l’intera Umanità. Ne riportiamo uno, il sesto della sesta sura, a campione:

Hanno considerato quante generazioni, che pure avevamo posto sulla Terra ben più saldamente, abbiamo distrutto prima della loro? Mandammo loro dal cielo pioggia in abbondanza e creammo fiumi che facemmo scorrere ai loro piedi. Poi le distruggemmo a causa dei loro peccati e suscitammo, dopo ciascuna di loro, un'altra generazione”.

Altrove si parla di venti devastanti, terremoti e una minacciosa ombra nera che porta distruzione, ma non sono solo forze assimilabili a quelle naturali ad essere chiamate in causa. Vengono menzionate anche azioni dirette, come nei versetti 36:28-29, dove si raccontano le conseguenze su un popolo del suo ostinato opporsi alla predicazione dell’ennesimo profeta:

Dopo di lui non facemmo scendere dal cielo nessuna armata. Non abbiamo voluto far scendere [più] nulla sul suo popolo. Non ci fu altro che il Grido, uno solo, e furono spenti”.

Sulla base di macchinari in fase di implementazione in campo militare, possiamo pensare ad una qualche frequenza capace di spegnere la vita in pochi istanti, come una disinfestazione ultrarapida da una specie nociva. Anche per i passaggi precedenti si potrebbe pensare a qualche sorta di geoingegneria usata come arma. Insomma, sono tante le possibilità che si aprono quando, interpretando tutte queste prime persone plurali come plurali semplici e non maiestatici, si ragiona con la logica che siano sempre loro – gli angeli, che in questo caso risultano ben poco “angelici” secondo i nostri canoni - ad occuparsi di correggere le traiettorie ritenute devianti. Possibilità che - ciò non è voluto ma incidentale - risultano sicuramente destabilizzanti per chi reputa sacrosanta ed eterna la chiusura della porta dell’interpretazione.

Si potrebbero estrarre dal Corano molte altre informazioni – diverse da quelle tradizionali - sulla natura di questi “operatori”. Ma ci fermiamo qua, rivolgendo adesso la nostra attenzione specificatamente ai jinn, gli operatori destituiti per avere infranto delle regole, ed esiliati sulla Terra, dove il Corano sottintende che abitano al pari degli umani. Perché una simile pena? Potrebbe avere a che fare proprio con la colpa che si nasconde dietro i simbolismi della storia di Iblīs.

Iblīs è stato irrispettoso della natura degli uomini, disprezzandola perché organica. Il suo scopo è divenuto, e in astratto è sempre stato, corrompere la natura umana, dimostrando che quella degli angeli è superiore. Si è insomma messo in competizione con gli umani, sovvertendo l’ordine naturale per cui gli angeli non si occupano che dei loro compiti: trasmettere, connettere, sorvegliare, preservare. Tolti i simbolismi, come l’avrebbe fatto materialmente? Recuperando ancora una volta la letteratura enochica sui Vigilanti, possiamo azzardare una lettura che nel Corano rimane implicita: gli operatori poi destituiti, capitanati e rappresentati da Iblīs, potrebbero avere interferito indebitamente con gli abitanti della Terra. Questa lettura è corroborata da almeno due passaggi del Corano. Nel primo, il 2:102, la figura degli angeli e quella dei jinn (qui chiamati shayāṭīn, satanassi o demoni) sono volutamente sovrapposte:

I demoni insegnarono ai popoli la magia e ciò che era stato rivelato dai due angeli Hārūt e Mārūt in Babele. Essi però non istruivano nessuno senza avvertire: «Badate che noi non siamo altro che una tentazione: non siate miscredenti»”.

Magia è ciò che gli uomini del passato avrebbero definito, vedendola, anche la nostra tecnologia attuale. Nel secondo, il 34:40-41, si capisce qual è l’effetto di questa ingerenza, da cui gli angeli – che, ricordiamolo ancora una volta, si dichiarano gli informatori di Maometto – prendono le distanze:

Un Giorno [Dio] li riunirà tutti e dirà agli angeli: «Siete voi coloro che costoro adoravano?». Risponderanno: «Gloria a Te, Tu sei il nostro patrono, non loro. No, essi adoravano i demoni. La maggior parte di loro credeva in essi [come divinità]»”.

Secondo il Corano, c’è quindi stato un tempo ancestrale in cui, da una serie di errori di valutazione, fraintendimenti e distorsioni è nato il politeismo. Ma è il monoteismo la prospettiva naturale con cui è stato generato Adamo, cioè l’Uomo. Aver causato questo disordine, da cui non è esente un decisivo contributo che rende gli uomini ugualmente colpevoli, è per gli angeli un crimine di portata cosmica, dato che il loro compito sarebbe proprio portare l’ordine nel cosmo. Gli operatori, benché dotati di capacità di scelta ovvero di libero arbitrio, sono tali finché agiscono per conto dell’entità suprema, altrimenti il loro ruolo decade e diventano altro. Tuttavia il Corano lascia intendere che – proprio grazie all’operazione definitiva della rivelazione coranica - anche per i jinn c’è possibilità di redenzione, addirittura forse di reintegrazione. Lo lascia dire a loro stessi, ovvero raccoglie e riporta (di nuovo nella sura 72, ai versetti 13-14) la seguente dichiarazione:

Quando udimmo la guida, credemmo; e chi crede nel suo Signore non teme né [di avere] meno né [di avere] troppo. Ora, fra noi [jinn] ci sono quelli che hanno accettato di far pace e quelli che [ancora] trasgrediscono [al volere divino]. Coloro che hanno fatto pace perseguono la giustizia, mentre coloro che trasgrediscono faranno da combustibile per l'Inferno”.

La perifrasi ‘quelli che hanno accettato di far pace’ traduce qui il termine arabo muslimūn, altrimenti rendibile con il semplice prestito linguistico ‘musulmani’. Questo però non trasmette, in italiano, la profondità del participio attivo e del termine da cui deriva, islām. Questo deriva dalla stessa radice sīn-lām-mīm da cui si crea sia la parola salām, pace, che istislām, l'atto di sottomettersi. Solitamente nelle lingue occidentali è tradotto con quest'ultimo significato anche il termine islām, che però non ne è un esatto equivalente così come non lo è di salām. Sono tutti termini connessi, derivanti dalla stessa radice che ha a che fare con la completezza, l'interezza, la certezza, e che prendono diversi significati a partire dalla sfumatura che implica ogni forma: salām deriva dalla I forma, istislām dalla X, islām dalla IV. La resa più vicina al significato della parola araba islām in italiano suona perciò come ‘aver fatto pace’, una via di mezzo fra i due estremi perché con ciò si deve sottintendere un precedente atto di accettazione, di obbedienza, di abbandono a Dio. Anche i jinn, come gli uomini, possono entrarne a far parte.

La parificazione fra la condizione umana e quella dei jinn, data dall’evoluzione degli eventi, arriva ad essere teoricamente compiuta con questo versetto, il 56 della sura 51, dove Dio in prima persona esplicita qual è il massimo risultato a cui possono aspirare entrambe:

E non ho creato i jinn e gli uomini se non perché mi venerassero”.

Facendo questo, ci si accosta alla condizione angelica propriamente detta, che tanti passaggi indicano essere la dedizione totale al Signore e che in definitiva coincide idealmente con la beatitudine paradisiaca. Si riportano a esempio i passi 19-20 della sura 21, in cui tutto quanto detto va a comporre un mosaico sempre più definito:

A Lui solo appartengono coloro che sono nei cieli e sulla Terra. Quelli che sono presso di Lui non hanno remore nell’adorarlo e non se ne stancano. Lo glorificano giorno e notte, senza [mai] fermarsi”.

La pacificazione assoluta è dunque lo scopo ultimo della rivelazione coranica, che si configura come un’operazione - l’ennesima - per perseguire, su questo e altri piani dell’esistenza, un ordine cosmico che è ritenuto l’unico possibile: quello gerarchico fra creature e Creatore, che si deve rispecchiare in quello armonico fra tutte le creature, a prescindere dalle condizioni iniziali e dalla loro evoluzione.


© 2025 - Estratto dalla versione rieditata di uno scritto già apparso sulla rivista XTimes n.191 del Settembre 2024 (X Publishing, pp.26-35) col titolo “Il Corano E Gli Extraterrestri”. Alcune parti sono riprese dal saggio “Corano, tecnologia e vita extraterrestre” (2021, 2023).