Il 15 marzo 2011 iniziava la Guerra Civile Siriana. A distanza di 11 anni possiamo provare a fissare dei punti fermi, in particolare in relazione alla spesso fraintesa componente religiosa.
- La formazione salafita chiamata ISIS (in arabo DAESH) è comparsa successivamente allo scoppio delle rivolte, distinguendosi fra i vari gruppi di rivoltosi per poi cercare di prendere il sopravvento anche su questi. Chiunque l'abbia foraggiata, alla fine dei conti si è rivelata più utile allo status quo che non all'insorgenza, progressivamente delegittimata agli occhi dello stesso mondo che fino ad allora la vedeva benevolmente, mentre ha fornito al primo (lealisti più esercito russo e milizie sciite iraniane e libanesi) una forte argomentazione a favore delle proprie operazioni.
- Con ISIS ridotto a sigla virtuale, delle varie formazioni con connotazione marcatamente religiosa ne sono sopravvissute fondamentalmente due: Hayat Tahrir al-Sham (HTS), evoluzione di Al-Nusra e altre sigle, e la coalizione Ahrar al-Sham. La prima ha militanti principalmente sunniti mentre la seconda salafiti. Entrambe le formazioni operano nella zona di Idlib, nel Nord-Ovest della Siria, dove si sono consolidate delle sacche di resistenza con forme statuali. Entrambe affermano ora di combattere al-Qaida e l'estremismo religioso, cosa che è credibile se non altro perché hanno interesse a monopolizzare quella fetta di mercato rivaleggiando anche fra di loro. Vero però è che HTS, al momento la formazione più solida, sta allargando la sua connotazione ideologica da religiosa a civile tanto da avere come sua espressione diretta il Governo di Salvezza della Siria, che amministra parti della zona di Idlib.
- Nel resto del Nord della Siria le entità statuali messe in piedi dagli oppositori sono rette da organizzazioni che, per gli standard del mondo arabo-islamico, potremmo definire laiche. Fra queste la più importante è la Coalizione Nazionale Siriana (SNC), la cui sede operativa è ad Azaz, in Siria, è quella politica con proiezione internazionale a Istanbul, in Turchia. Quest'ultima ne è infatti, insieme al Qatar, il principale sostenitore.
- Nel Nord-Est l'entità statuale - sotto diretto patronato occidentale - prende il nome di Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est, conosciuta più semplicemente come Rojava. Questa ha connotazione ancora meno religiosa mentre compare quella etnica, essendo maggioritari i curdi che infatti la considerano come Kurdistan occidentale.
- A Sud, nella sacca di Al-Tanf, permane un'armata chiamata Maghaweir al-Thowra, ma in questo caso si tratta solo di miliziani ospitati nella locale base USA.
- Il presidente Bashar al-Assad non è un pazzo sanguinario ma neanche il defensor fidei che dipinge qualcuno. Ammesso e non concesso che per governare in una situazione complessa come quella siriana ci voglia il pugno duro, il suo scopo non è certamente fare il protettore delle minoranze religiose in quanto tale. Questa infatti è semplicemente una rappresentazione che fa breccia nel mondo cristiano: in Russia, dove ne aumenta il prestigio, e in Occidente, dove ne scredita gli oppositori. La realtà è che, oltre all'utile propaganda internazionale, la protezione delle minoranze religiose serve a consolidare il suo potere interno essendo egli stesso espressione della minoranza che governa il Paese, quella degli sciiti alauti. La Siria però è un Paese a stragrande maggioranza sunnita, e questo è un elemento che ha a che fare, insieme ad altri, con l'insorgenza.
- Iran ed Hezbollah sono intervenuti in nome della difesa dei fratelli siriani ma anche per ragioni squisitamente tattiche. La Siria costituisce infatti, insieme all'Iraq, il collegamento fra questi due poli dello sciismo (per quanto questo duodecimano).
- Lo scopo primario dell'intervento della Russia, anch'esso spesso ammantato di valenze simboliche, è stato quello di mantenere in Siria lo status quo e con ciò la sua presenza nel Paese cioè nel Mediterraneo, in particolare con la fondamentale base navale di Tartus. Per la stessa ragione, più che per motivazioni umanitarie, i Paesi occidentali vedono di buon occhio un cambio di regime.