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domenica 31 ottobre 2021

L'opposizione ideologica dei cattolici ad Halloween come risultato della subordinazione culturale del cattolicesimo

Le radici pagane di Halloween, celebrazione sviluppatasi negli USA e sempre più diffusa nel mondo, non dovrebbero teoricamente costituire un impedimento per il cattolicesimo, da cui per l'appunto Halloween deriva. Lo sono viceversa per il sola scriptura protestante, e specialmente puritano, da cui ab ovo si produce l'ostilità verso un pratica non biblica e quindi ritenuta non cristiana. Ciò è sintomatico dell'influenza che il cattolicesimo, teoricamente indifferente a tali istanze, subisce di ritorno dagli USA stessi e dalla religione in essi ufficialmente maggioritaria: il protestantesimo, per l'appunto*.

Vediamo perché.

1 - Il termine Halloween deriva dall'antico inglese All Hallows' Eve, cioè la vigilia della festività cattolica di Ognissanti, alla quale segue ovviamente la Commemorazione dei defunti; l'evoluzione in terra americana di specifiche pratiche semiclandestine da parte delle minoranze cattoliche ha portato ad Halloween.

2 - La caratteristica fondamentalmente apotropaica di Halloween è insita nella variegata tradizione cattolica. In Sardegna, solo per fare un esempio, si manifesta in attività non tanto distanti dal travestimento o dal "dolcetto o scherzetto" di Halloween come Is Animeddas, Su Mortu Mortu, Maria Pantaloru, Su Prugadoriu, etc. Pratiche queste connesse in un modo o nell'altro al culto dei defunti cioè al rapporto con l'aldilà. Il che non implica necessariamente la mercificazione che se ne fa né l'interpretazione erronea e sovversiva come di riti fertilistici. Al contrario la rappresentazione della morte cioè del Male all'inizio della cattiva stagione, al fine di codificarlo ed esorcizzarlo preventivamente, è probabilmente antica come l'Uomo, e il cattolicesimo non ha fatto altro che renderla propria eliminando la connessione con divinità non più venerate e associandole il culto dei santi.  

3 - I protestanti americani hanno sempre visto in tali celebrazioni delle reminescenze di culti pagani non biblici. Tale percezione non era erronea, ma ignora il fatto che il cristianesimo non è mai stato incoerente nel cristianizzare elementi pre-cristiani degni di essere conservati. Grazie a questa dinamica sono stati caricati sulla barca di Pietro, e salvati dal zelo della nuova fede, una quantità incommensurabile di elementi "pagani", nei quali però, come ha insegnato San Giustino, c'era già il Logos. Chi nega questa dinamica nega non solo la validità del modus operandi del cattolicesimo ma anche quella di elementi divenuti caratterizzanti il protestantesimo stesso. Basti pensare che in tempi remoti i puritani erano quasi riusciti a soffocare la ricorrenza del Natale, che similmente deve la sua datazione al culto del Sol Invictus ovvero al solstizio d'inverno. Ci si immaginerebbe adesso il cristianesimo, anche solo quello protestante americano, senza il Natale?

* Per la subordinazione a sua volta del protestantesimo al sistema religioso ufficioso, quello del giudeo-cristianesimo, rimando al mio saggio Una benedizione in mezzo alla Terra (2019).

Is animeddas


Dolcetto o scherzetto?

venerdì 12 febbraio 2021

Manuale di connessione 0.9

La versione beta della mia ultima fatica Corano, tecnologia e vita extraterrestre è ora disponibile in formato ebook su tutti i principali store. Si tratta di un'opera a metà strada fra la narrativa e la saggistica, che prende spunto da una questione su cui fantastico da un po' di tempo: più di una quindicina d'anni fa ebbi delle intuizioni abbastanza sorprendenti su una tematica al confine fra angelologia, biologia speculativa e futurologia, ma mi resi conto che prima di formulare in modo appropriato anche solo delle ipotesi avrei dovuto approfondire determinati aspetti della tradizione islamica, di taluni elementi di storiografia, sociologia, scienze applicate, nonché possibili sovrapposizioni date del mio background culturale, e quant'altro. Le misi quindi da parte in attesa di capire meglio altre questioni più urgenti e comunque necessarie per dare corpo a quegli spunti. Fino a quando, circa un anno fa, mi sono deciso a cominciare a mettere tutto per iscritto.

Sono conscio del fatto che alcune delle ipotesi fornite lasceranno esterrefatti i miei lettori, e che potrei creare incomprensioni nei fedeli musulmani che dovessero cogliere una parte dell'esposizione e non l'insieme. Ma cionondimeno mi sento in dovere di cominciare a condividere le prospettive fornite da queste riflessioni. In fondo, la rivisitazione rispettosa ma creativa di elementi dati per assodati dai sistemi religiosi mainstream è la stessa dinamica su cui ho costruito anche le opere precedenti. Eccetto L'alfabeto dell'Islam, l'unica dall'impostazione prettamente didattica, per quanto anche questa non scevra di considerazioni personali.

«Vieni e vedi» (Gv 1:46)

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venerdì 5 febbraio 2021

Giudaismo e questione extraterrestri

Dall'Età dei Lumi in poi c'è da registrare nel mondo ebraico una certa vivacità circa la questione extraterrestri. Nel 1797 il rabbino boemo Isaiah Horowitz pubblicò la sua opera Sefer HaBrit dove si inizia a ipotizzare apertamente l'esistenza di altri mondi abitati. Più recentemente si è espresso in tal senso Menachem M. Schneerson, settimo capo spirituale del giudaismo chassidico, e sono da segnalare le ugualmente favorevoli dissertazioni di rinomati rabbini come Tzvi Freeman e di autori come Ariel Bar Tzadok (cfr. Aliens, Angels, & Demons: Extraterrestrial Life in Judaism/Kabbalah & its Vital Relevance for Modern Times, 2020).

mercoledì 27 gennaio 2021

Giornata della memoria 2

Estratto da "Nazione italiana, Europa e Mediterraneo. Il presente come storia. Coscienza storica, memoria storica, liberazione", di Costanzo Preve, Rivista Indipendenza n° 4 (Nuova Serie), Aprile/Luglio 1998.

A suo tempo Theodor W. Adorno sostenne che ogni cultura è impossibile dopo Auschwitz. Questa frase definitiva e paradossale deve essere presa sul serio. Prenderla sul serio vuol dire interpretarla. E noi la interpretiamo così: dopo Auschwitz la cultura, ed in particolare quella parte della cultura che è la teoria sociale e filosofica, non può più fare come se Auschwitz fosse un doloroso incidente di percorso nel progresso civile dell'umanità, ma deve comprendere bene Auschwitz perché non si possa più ripetere in futuro. I verbi sono dunque due: in positivo comprendere, in negativo ripetere. Se si comprende bene la natura storica profonda di Auschwitz, vi sono buone possibilità che si attivino strategie preventive di tipo culturale, storico, politico e pedagogico per evitarne la ripetizione. Ebbene, è proprio questo che non viene fatto, ed è anzi attivamente impedito, dalla strategia culturale dominante oggi, che tende ad interpretare il nazionalsocialismo tedesco come l'irruzione del demoniaco nella storia, un'eccezione diabolica assolutamente unica ed imparagonabile a nessun'altra nella storia moderna e contemporanea. Questa strategia della eccezionalità criminale è certo animata da buone intenzioni, e considera ogni proposta culturale di 'collocazione' del nazismo dentro la storia tedesca, europea e mondiale del Novecento una colpevole 'banalizzazione' della sua specificità negativa, lo sterminismo razzista che ha trovato nel sistema dei Lager il suo luogo di applicazione. È evidente che bisogna rispettare le buone intenzioni di chi propone questa linea storiografica per interpretare la natura storica del nazionalsocialismo tedesco di Hitler: trasformandolo in un diabolico tabù negativo si pensa di ottenere lo scopo di evitarne in futuro la ripetizione in condizioni analoghe. Ma la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Il nazionalsocialismo tedesco (prescindendo qui dalle questioni del pangermanesimo e della geopolitica europea nel Novecento) ha portato al massimo livello di legittimazione ideologica e di efficienza organizzativa il massacro amministrativo. Il problema storiografico principale è dunque la natura e la dinamica del massacro amministrativo attuato dal nazionalsocialismo in particolare nei confronti degli ebrei, ma non solo (e si pensi alle politiche di tipo eugenetico, di sterilizzazione e di eutanasia dei malriusciti, condivise negli anni Trenta persino dalle insospettabili socialdemocrazie scandinave).

Giornata della memoria


E ancora si noti con quanta disinvoltura innumerevoli intellettuali, tanto di indirizzo teo/neo-conservatore quanto progressista, usino nelle loro analisi una terminologia che equipara l’aggettivazione “giudaicocristiano” a “occidentale”, per esempio riguardo ai valori di riferimento.

Ma perché si arrivasse a tutto questo i sentimenti di empatia e di identificazione non sarebbero forse bastati se non si fossero venuti a creare altri fattori determinanti. Uno come accennato è la comparsa del citato Stato di Israele, che sempre più cristiani vedono come una manifestazione di profezie bibliche (inglobando quindi nella propria dottrina un’esegesi letteralista della Bibbia che è quella propria non del cristianesimo ma del giudaismo post-veterotestamentario), e l’altro è l’evento a esso indissolubilmente collegato, di proporzioni colossali sul piano storico quanto per le implicazioni teologiche: la Shoah.

Senza soffermarci oltremisura su questo pur cruciale elemento, pensiamo al fatto che ci si riferisce a tale avvenimento con la parola Olocausto, che letteralmente indica un sacrificio a scopo devozionale, e che solo per questo tragico evento usiamo la “O” maiuscola, come se indicassimo il sacrificio per eccellenza. Ovviamente nella dottrina cristiana questo è teoricamente quello di Cristo in croce, e in generale lo era per il sentire dei cristiani prima di tale avvenimento. Qua c’è evidentemente un qualcosa che tocca la sfera del Sacro ed è interessante a questo proposito rilevare che l’archetipo del sacrificio di Dio è proprio del cristianesimo e non del giudaismo post-veterotestamentario, a ulteriore riprova del fatto che la dinamica che stiamo esaminando è fondamentalmente un movimento del primo in direzione del secondo. O pensiamo al fatto che in molti Paesi occidentali è reato condurre delle ricerche sulla Shoah che possano arrivare a ridimensionarne in qualche modo la versione storicamente accertata o anche solo discuterne in modo improprio a livello di opinione personale. Anche qua non è necessario approfondire la questione, e meno che mai mettere in dubbio le dinamiche e le cifre ufficiali della Shoah, ma solo rilevare che se una verità è dispensata dall’indagine scientifica e non si può trattare soggettivamente è perché evidentemente gode di uno status paragonabile con le debite contestualizzazioni a quello che fino a prima dell’era moderna era riservato nella Cristianità alle sole verità di fede cristiane. Al contrario nessun legislatore oggi si sognerebbe mai di emanare una legge per condannare chi metta in dubbio, per esempio, la storicità della vita e della morte di Gesù Cristo.

E così via potremmo citare sentenze divenute di senso comune come «Dov’era Dio ad Auschwitz[4] o «Dio è morto ad Auschwitz»[5] in cui il campo di concentramento sembra diventare un nuovo e tangibile Calvario e Adolf Hitler con i suoi esecutori i carnefici per eccellenza. E ancora rilevare come nel continuo e doveroso riportare alla memoria quella immane tragedia ci sia una perenne riattualizzazione – proprio come una continua ripetizione è quella del memoriale della morte e della resurrezione di Cristo – cioè una sorta di liturgia laica nella quale le massime autorità sono coloro che l’hanno vissuta in prima persona, o coloro che sono deputati a portarne il ricordo, e alla quale tutti i cittadini sono chiamati a partecipare. Tutti, a prescindere dal credo o dal non-credere, perché ciò che rappresenta è alla base stessa della scala di priorità che si è data la civiltà nata dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, e per questo non può essere relegata, come ormai avviene nella nostra società per le espressioni religiose tradizionali, alla sfera personale o di comunità specifiche.

[4]cfr. Elie Wiesel, La Notte (Giuntina, 1986).

[5]cfr. Richard L. Rubenstein, After Auschwitz (John Hopkins University Press, 1992).