Un recente studio prodotto dall'Università della Carolina del Nord a Wilmington ha stabilito che, con un alto grado di probabilità, le piramidi egizie furono costruite grazie ad un grosso corso d'acqua ulteriore a quello odierno del Nilo, finora sconosciuto perché prosciugato da millenni. Ci sono inoltre le prove che ci fossero altri rami. Morfologicamente, l'antico Egitto era quindi molto diverso da quello attuale, essendo attraversato da più corsi d'acqua di varia portata. Sorprendentemente, su questo fatto possiamo riscontrare delle corrispondenze con ciò che riporta il Corano, un testo fissato vari millenni dopo e con in mezzo un enorme buco nella catena di trasmissione delle conoscenze.
Partiamo da lontano, con uno dei pochi passaggi biblici (oltre a quello riportato c'è Es 7:19, molto simile) riconducibili a ciò di cui si sta parlando:Il Signore disse a Mosè: "Di' ad Aronne: "Stendi la mano con il tuo bastone sui fiumi, sui canali e sugli stagni e fa' uscire le rane sulla terra d'Egitto!"". (Es 8:1, Bibbia CEI 2008)
Venendo al Corano, un passo presenta una scena che mette in relazione questi corsi proprio coi faraoni, ovvero con una loro rappresentazione stilizzata nominata فرعون (Fir'aūn):
Faraone arringò il suo popolo dicendo: "Mio popolo, forse non appartiene a me il regno d'Egitto, con questi fiumi che scorrono ai miei piedi? Non vedete dunque?" (Q* 43:51)
La cosa interessante è che molti di questi corsi d'acqua, e in particolare il secondo ramo del Nilo di portata simile a quello principale, dovrebbero essere scomparsi più di 4'000 anni fa, e non vi è traccia di informazioni in merito da altre fonti antiche. E sebbene si ipotizzasse da tempo della loro esistenza, mai prima d'ora li si era messi in relazione diretta con le piramidi.
È interessante anche notare che, stranamente e contrariamente a ciò che è impresso nell'immaginario comune, la Bibbia non menziona le piramidi egizie, né esplicitamente né implicitamente. Il Corano invece cita più volte una costruzione, anche in questo caso rappresentante un'intera casistica, protesa verso il cielo, e il cui costruttore diventa anch'esso rappresentativo di tutti i costruttori:
Disse Faraone: “[Miei] sottoposti, per voi non conosco altra divinità che me stesso. Hāmān, accendi un fuoco sull'argilla e costruisci per me un edificio, affinché io possa vedere [se c'è] il Dio di Mosè! Io penso che sia uno dei [tanti] bugiardi”. (Q* 28:38)
Disse Faraone: "Hāmān, costruisci per me un edificio [così alto] che io possa raggiungere le vie dei cieli, e possa vedere [se c'è] il dio di Mosè, [perché] io lo ritengo un bugiardo". Così fu fatta sembrare buona a Faraone la sua cattiva condotta, e fu sviato dalla [retta] via. Il suo piano non fu altro che [destinato al] fallimento. (Q* 40:36-37)
Quest'ultimo passo è particolarmente significativo perché pare che gli egizi chiamassero le piramidi col nome MeR, traducibile come "luogo che va verso l'alto", ma questa è una nozione della moderna egittologia che non si ha prova fosse nota al tempo e nel luogo della rivelazione coranica. Certo, lo slancio verso il cielo delle piramidi parla da solo, così come non passa inosservata la loro mole colossale, e in definitiva è abbastanza evidente si stia alludendo ad esse. Ma non era scontato leggerne nel Corano perché, ad esempio, la Bibbia non ne fa cenno.
Il primo passo è sorprendente per l'accostamento col fuoco e ciò per almeno due motivi che non per forza si autoescludono (impiegando normalmente il Corano la sommatoria di significati):
١ - l'etimologia della parola 'piramide', con cui la loro fama si diffuse nel mondo antico, è dal greco πυραμίς (pyramis), che letteralmente significa "a forma di fuoco" cioè di fiamma; in arabo 'piramide' si dice هرم (haram, parola che sostanzialmente vuole dire "cosa molto vecchia") e per queste costruzioni il Corano usa il termine صرح (ṣarḥ, letteralmente 'edificio' ma anche 'palazzo'), come detto in accostamento al salire in alto, cosa che riporta al significato originale egizio. Ma c'è anche l'accostamento al fuoco, nonostante sembri improbabile che Maometto conoscesse tanto la parola egizia quanto il significato di quella greca.
٢ - l'archeologia non è ancora riuscita a stabilire come siano state costruite esattamente le piramidi, ma tradizionalmente (dai tempi di Erodoto e Diodoro Siculo) le si ritiene fatte per lo più di blocchi di pietra tratti da cave; ciò però lascia irrisolte molte questioni, prima fra tutte quelle su come siano stati intagliati i blocchi, non essendo stato ritrovato né raffigurato alcuno strumento adatto, e su come sarebbero stati trasportati. A partire dagli anni '70 è stata però proposta da vari scienziati (Davidovits, Barsoum, Hobbs) una controversa ipotesi, ancora minoritaria, per cui la tecnica principale sarebbe stata l'assemblamento di blocchi cementizi messi in opera in situ. Per realizzarli (con conoscenze evidentemente più avanzate di quanto finora presupposto) sarebbe stato necessario miscelare e cuocere vari materiali formanti proprio una sostanza argillosa da versare in stampi lignei. Raffermandosi, si sarebbero formati i blocchi calcarei. Fra l'altro, ciò troverebbe delle corrispondenze con l'accertata deforestazione a cui è andata incontro l'area. E poiché oltre alla legna da ardere e per gli stampi sarebbero servite anche enormi quantità d'acqua, sarebbe interessante valutare se il prosciugamento di questo grande corso non sia riconducibile, insieme ad altre concause ancora tutte da scoprire o ampliare, alla stessa ipotesi.
١ - l'etimologia della parola 'piramide', con cui la loro fama si diffuse nel mondo antico, è dal greco πυραμίς (pyramis), che letteralmente significa "a forma di fuoco" cioè di fiamma; in arabo 'piramide' si dice هرم (haram, parola che sostanzialmente vuole dire "cosa molto vecchia") e per queste costruzioni il Corano usa il termine صرح (ṣarḥ, letteralmente 'edificio' ma anche 'palazzo'), come detto in accostamento al salire in alto, cosa che riporta al significato originale egizio. Ma c'è anche l'accostamento al fuoco, nonostante sembri improbabile che Maometto conoscesse tanto la parola egizia quanto il significato di quella greca.
٢ - l'archeologia non è ancora riuscita a stabilire come siano state costruite esattamente le piramidi, ma tradizionalmente (dai tempi di Erodoto e Diodoro Siculo) le si ritiene fatte per lo più di blocchi di pietra tratti da cave; ciò però lascia irrisolte molte questioni, prima fra tutte quelle su come siano stati intagliati i blocchi, non essendo stato ritrovato né raffigurato alcuno strumento adatto, e su come sarebbero stati trasportati. A partire dagli anni '70 è stata però proposta da vari scienziati (Davidovits, Barsoum, Hobbs) una controversa ipotesi, ancora minoritaria, per cui la tecnica principale sarebbe stata l'assemblamento di blocchi cementizi messi in opera in situ. Per realizzarli (con conoscenze evidentemente più avanzate di quanto finora presupposto) sarebbe stato necessario miscelare e cuocere vari materiali formanti proprio una sostanza argillosa da versare in stampi lignei. Raffermandosi, si sarebbero formati i blocchi calcarei. Fra l'altro, ciò troverebbe delle corrispondenze con l'accertata deforestazione a cui è andata incontro l'area. E poiché oltre alla legna da ardere e per gli stampi sarebbero servite anche enormi quantità d'acqua, sarebbe interessante valutare se il prosciugamento di questo grande corso non sia riconducibile, insieme ad altre concause ancora tutte da scoprire o ampliare, alla stessa ipotesi.
Un ultimo appunto riguarda l'apparente divergenza sulla funzione principale da attribuire alle piramidi: se per l'egittologia si trattava sostanzialmente di sepolcri regali, per il Corano erano, secondo quanto visto, una sorta di ponti verso il cielo. Ma, al netto di questi corollari narrativi, in entrambi i casi furono costruite sostanzialmente come simbolo del potere divino di cui si fregiavano i faraoni. Anche in questo caso, il Corano riporta un qualcosa a cui la moderna scienza, in questo caso storiografica, è arrivata solo recentemente, attraverso l'acquisizione di conoscenze che erano andate perdute per millenni.
A questo proposito non rimane che chiudere con un altro passaggio coranico, senza bisogno di ulteriore commento se non che il soggetto narrante, non esplicitato, possono essere ritenuti gli angeli (con un plurale semplice) o Dio (con un plurale maiestatico) mentre l'oggetto è sempre lui, Fir'aūn:
Oggi ti salveremo col tuo corpo, affinché tu sia, per quelli che verranno dopo di te, un segno. Ma in verità la maggioranza degli uomini sono incuranti dei nostri segni. (Q* 10:92)